by *Raffaele Palumbo, Italy, exclusive for The diagonales
Sono sempre stato appassionato di culture e tradizioni. Da buon viaggiatore mi sono imbattuto in tante rappresentazioni popolari in Europa e anche in altri continenti, ad esempio in America Latina. Eppure, nessuna può essere paragonata a quelle che ho potuto vedere nel sud della penisola. E all’interno del sud, la Calabria, che da questo punto di vista non ha eguali al mondo. Sebbene infatti in altre aree del Mezzogiorno d’Italia possiamo trovare tradizioni e rituali che hanno un sapore antico, in Calabria questo aspetto si spalma sulle decine e decine di villaggi soprattutto nelle aree interne che ancora conservano e perpetuano questi riti. L’antico diventa ancestrale e produce un miracolo antropologico in quanto si accompagna alla estrema varietà di linguaggi etnici (greco, albanese, occitano-provenzale), al permanere di differenti confessioni religiose (cattoliche, ortodosse ma anche ebraiche) e alla dimensione pagana che persiste dentro la celebrazione di uno dei momenti topici della religione cristiana.
Ebbene, in questo fenomeno la Pasqua rappresenta forse il momento clou, o almeno quello più diffuso. È chiaro quindi che io attenda questo periodo con particolare curiosità per poter scovare manifestazioni popolari sempre nuove (e non si finisce mai) nelle sue molteplici espressioni, come ad esempio il cibo, la festa, la comunità messa in scena.
Purtroppo invece, quest’anno la settimana santa diventa settimana assente. Nessuna manifestazione pubblica, tanto meno rituali che possano mettere assieme gli umori, i corpi, il sangue (letteralmente) delle persone. Una perdita per l’antropologo che osserva, per il sociologo che studia ma anche per il cittadino che non ha più una comunità di riferimento con cui festeggiare il reciproco riconoscimento.
Durante il corso della storia, ci saranno stati certamente momenti di “pausa” della Pasqua comunitaria. Terremoti o altre pesti e sommosse che fossero, nel passato fattori esterni avranno impedito di praticare la tradizione. Come ora, ma con una differenza: noi abbiamo Internet. Già. Noi possiamo provare a mettere in scena la tradizione popolare e rendere presente ciò che non si può realizzare attraverso il ricordo. E se per fare questo ci aiutano poi grandi fotografi dell’identità calabrese come Carlo Maria Elia e Sergio Ferraro, allora possiamo davvero sentirci e far sentire meno orfani di queste feste dell’appartenenza.
Così è nata l’idea di seguire, giorno per giorno, alcune delle più peculiari manifestazioni. A cominciare dalla Domenica delle palme, per finire al lunedì dell’angelo, addirittura al martedì dopo Pasqua. Ecco quindi un viaggio nel passato che vive ancora, un volo sui villaggi abitati, un auspicio a tornare a vedere popolate le strade delle comunità e a non perdere la memoria perchè, come scriveva Karl Popper: “alcuni tipi assai importanti di tradizione sono propri di un luogo, e non possono essere facilmente trapiantati. Si tratta di beni preziosi, ed è assai difficile ristabilirli una volta che siano andati perduti”.
Per una visione di altre immagini: http://www.calabriainmovimento.it/