Deathts of despair: morire di dolore sociale

by Annamaria Gnisci, Italian, exclusive for thediagonales

Vittorio Pelligra ha pubblicato sul più importante giornale economico italiano, Il Sole24Ore, un articolo dal titolo inquietante: “Arriva dagli Usa un’altra epidemia: migliaia di morti per mancanza di senso”.
Si tratta di una vera e propria piaga collegata al sistema economico statunitense basato sul capitalismo, ma ovviamente riguarda tutti noi. Nel 2017, i “morti per disperazione” sono stati 158.000. Le cause sono abuso di alcol, overdose, e malattie collegate a esse, non in ultimo il suicidio.

L’uomo ha, per sua natura, la necessità di rapportarsi con il prossimo.
Ha bisogno di relazioni, di contatti umani. In questo contesto si colloca il bisogno di lavorare che rappresenta non solo il soddisfare esigenze meramente materiali, ma esso incarna anche valori legati alla sfera psicologica quali il sentirsi utili agli altri, ad esempio. Tutto ciò si muove in contesti diversi e crea “la costruzione del senso” in un processo dove però l’uomo non è il solo artefice del proprio destino.

Dagli USA arrivano i segnali del risultato inquietante di questa tendenza: i morti per disperazione” (deaths of despair).

“Una tragedia di dimensioni enormi che ha la sua radice in una società che non riesce più a offrire ai suoi membri un ambiente nel quale essi possano vivere una vita dotata di senso”. Così si esprime il premio Nobel per l’economia Angus Deaton che, con Anne Case, ha recentemente pubblicato uno studio sul tema (“Deaths of Despair and the Future of Capitalism”, Princeton University Press, 2020). 

Questa “epidemia” colpisce gente di bassa scolarizzazione, per lo più bianchi appartenenti alla classe media. Persone che arrivate a un certo punto della loro vita pensano che non valga più la pena vivere.

Il sociologo Émile Durkheim aveva ipotizzato che i suicidi sarebbero avvenuti nella classe medio alta, invece attualmente sono le classi più basse a risentire di questa folle corsa del capitalismo. Forse a causa di una mancata scolarizzazione, forse perché l’asticella del benessere è sempre più alta. Certo è che, in un paese come gli USA dove frequentare l’università è precluso a molti e dove la salute si compra con i dollari, è normale la sofferenza che porta a una “lenta disintegrazione della vita sociale ed economica”.

Anne Case e Angus Deaton, economista la prima e premio Nobel il secondo, affermano che “la sofferenza non deriva solo da ciò che capita al lavoro, ma dalla perdita di status e di senso associati a certi lavori, e dalla perdita della struttura sociale che era connessa ad un lavoro ben pagato in una città sindacalizzata.”

Educated Americans are pulling away from the less-educated majority not only in terms of income, but also in health outcomes. Pain, loneliness, and disability have become more common among those without a degree. Such was the US on the eve of the COVID-19 pandemic. Now, the virus has newly exposed the pre-existing inequalities.”

Vittorio Pelligra sottolinea che: “Ci sono fattori protettivi contro questo dolore sociale, come, per esempio, l’avere un lavoro cui attribuiamo un significato e un’utilità sociale, buone relazioni familiari con il partner e i figli, l’appartenenza a una comunità che possa aiutare e rispondere anche a bisogni di natura spirituale. Tutti elementi che sono, in questi ultimi anni, diventati relativamente scarsi per i più colpiti dalle “morti per disperazione”. Continua affermando che: “E allora la prospettiva del gesto estremo si fa più concreta o altrimenti ci si getta nell’abuso di alcool o di droghe, soprattutto quando queste diventano legali, sono fortemente pubblicizzate e, inoltre, capaci di originare enormi profitti per chi le produce e le vende. Ecco il cortocircuito che rende questa epidemia di disperazione e le morti ad essa connesse un frutto maturo dell’”economia della manipolazione e dell’inganno”, per usare la nota espressione di altri due Nobel per l’economia, George Akerlof e Robert Shiller.”

L’origine di questo cortocircuito è abbastanza chiara a Case e a Deaton: “L’industria [della salute] è un cancro al cuore dell’economia, diffusamente metastatizzato, che ha prodotto la riduzione dei salari, la distruzione di buoni posti di lavoro, che ha reso sempre più difficile per gli stati e il governo federale potersi permettere ciò di cui i cittadini hanno bisogno. La finalità pubblica e il benessere dei cittadini sono stati subordinati al guadagno privato dei già ricchi”. 

America’s costly health-care system will continue to compound the pandemic’s effects. Many among the tens of millions of Americans who lost their jobs this spring also lost their employer-provided health insurance, and many will not be able to secure alternative coverage”.

Pelligra scrive: “Robin Hood è sparito dalla scena ed ora la redistribuzione del reddito è gestita dallo sceriffo di Nottingham e il suo strumento principe è la “rendita di posizione”, l’esatto contrario di ciò su cui dovrebbero fondarsi i mercati, liberi e ben funzionanti. Si sa che aliquote fiscali molto alte non farebbero aumentare significativamente il gettito fiscale dato l’esiguo numero di chi dichiara un reddito elevato. Allo stesso tempo, invece, vediamo che la sottrazione anche di piccole quote di ricchezza dai poveri ai ricchi funziona benissimo, proprio grazie all’elevato numero di coloro che hanno un reddito basso. “Questo è quello che sta avvenendo oggi e dovremmo fermarlo” sostengono sempre Case e Deaton.”

Chi ha causato tale situazione allarmante non è il Covid-19, ma bensì la Case Farmaceutiche e il loro marketing. A questo si sono aggiunti politici senza scrupoli che hanno permesso la sovra prescrizione di farmaci.

Le morti per disperazione coinvolgono la vita di milioni di americani, morti per lo più causate dal capitalismo contemporaneo ossessionato dalla logica del profitto a tutti i costi, anche al costo di vite delle persone.

“La domanda di fondo – conclude Pelligra – diventa questa: com’è successo che l’economia americana, nel suo ethos ancora prima che nei fatti, sia passata dal voler servire l’interesse di ogni cittadino e consumatore ad assumere come unico obiettivo rilevante gli interessi delle imprese, dei manager e degli azionisti. È questo processo che ha eroso alle fondamenta la classe operaia, che ora minaccia la classe media e che ha portato alla diffusione di lavori pagati peggio di quanto non lo fossero anche solo pochi anni fa, più insicuri e socialmente inutili e che, come epifenomeno, ha finito per alimentare l’epidemia di disperazione e tutte le morti ad essa associate.”


Annamaria Gnisci, Italian, very passioned for words and foreign languages, is working as a freelance writer/journalist on the internet. Native Italian speaker, Annamaria is also fluent in English, and use it to help people who need translations, language lessons, and so on. She is into food and beverage as manage to turn passion for cooking into a service offered to Anglo-Saxon speaking people. Last thing, she loves being creative, determined and intellectually curious.