I have always been taught that the attendance between artists is absolutely essential and I must say that I have been able to take advantage of it. However, everything else depends on the artist, it can be a matter of thought or even technique, it doesn’t matter much….
WHO I AM:
Bislacchi (1995), pseudonym of Matteo Santacroce, lives and works in London. In 2014, after graduating in advertising graphics and photography at the Art Institute of Cittanova, Italy, he moved to London. In the British capital he completed his studies at the City & Guilds of London Art School, where he graduated in 2018.
His group exhibitions include: “Sitting Room“, Artisan Space, London (2020); “Young Talent Contemporary Purchase Prize“, Cello Factory, London (2019); “The Feeling’s Mutual“, The Rectory Projects, London (2019); “The Art of Nature“, Mestna-Obcina, Nova Gorica, Slovenia (2019); “PADA Studios“, Barreiro, Portugal (2019); “The Signature Art Prize“, Bankside Hotel and Trinity Art Gallery, London (2019); “Woolwich Contemporary Print Fair“, London (2019-2018); “ARTPIQ Summerhouse“, Dusseldorf, Germany (2018); “City & Guilds Degree Show“, London (2018); “Dimensions“, Menier Gallery, London (2018); Crypt Gallery, London (2017); Diorama Arts Center, London (2016)
His artistic residences include: “The Art of Nature” Cepovan, Slovenia (2019); “PADA Studios“, Barreiro, Portugal (2019); “ARTPIQ Summerhouse“, Dusseldorf, Germany (2018).
In 2019 he was selected for the “Young Talent Contemporary Art Prize” and “The Signature Art Prize“. In 2018 he was awarded the “The Chadwyck-Healey Prize for Painting” award.
Conversazione con Bislacchi
a cura di Mario Verre
Mario Verre: Bislacchi, nato nel 1995 a Cittanova (RC), da 6 anni vive e lavora a Londra. E’ un giovane artista diremmo “minimalista”, se volessimo ingabbiarlo in categorie precostituite, pur essendo la sua poetica caratterizzata da istanze di altra natura. “Bislacchi” è un nome d’arte: perché lo hai scelto? Ritieni che il termine “minimalista” ti definisca in maniera esaustiva?
Bislacchi:Capisco che usare “etichette” è un po’ parte del tuo lavoro di critico, ma preferirei non utilizzarle dal momento che Bislacchi è già l’etichetta del mio nome. Non l’ho scelto io, è nato un po’ per gioco e mi è subito piaciuto. Comunque ritornando al discorso “etichetta”, non mi definisco minimalista tout court perché non sono un minimal a tutti gli effetti. Sicuramente il mio lavoro ha delle influenze minimaliste ma anche astratte e informali. Infatti è dall’Informale che parte la mia ricerca. Questa abbraccia anche alcuni versanti dell’arte post-moderna adottando un linguaggio pittorico che, utilizzando la tela come mezzo espressivo, si interessa di spazio, forma e colore.
Mario Verre: Essendo nato in Italia, è probabile che alcune esperienze della storia dell’arte italiana esercitino su di te una certa influenza. Se ciò accade, chi sono i tuoi artisti preferiti e cosa ti colpisce di loro?
Bislacchi: Ho sempre guardato alla pittura per la sua importanza storica, di conseguenza tutta l’arte italiana esercita su di me una grandissima influenza. Tuttavia, da quando vivo a Londra, ho iniziato a conoscere un’altra storia che per me prima non esisteva. Il mio vero percorso artistico inizia in accademia. Ho cominciato a dipingere trascrivendo delle opere di maestri Italiani in opere contemporanee; ho fatto una trascrizione, una mia versione, de Il battesimo di Cristo di Piero della Francesca in un dipinto che aveva delle qualità alla Burri. Ho ripetuto l’operazione con La Maestà di Masaccio, conservata alla National Gallery di Londra, e con L’annunciazione di Simone Martini elaborandoli in lavori molto più personalizzati tant’è vero che i miei insegnanti di corso mi definivano barocco, il che mi irritava molto. Cosa mi colpisce di questi artisti? Direi che mi piace tutto di loro, c’è il mondo rappresentato in quelle opere in maniera multidisciplinare e questo ha inciso in maniera cruciale sulla mia formazione. Esattamente quello che volevo (ed è quello che tutt’ora voglio) era che il mio lavoro avesse a che fare con la storia della pittura. Condivido fortemente le parole dell’artista Sean Scully secondo cui “la pittura non è soltanto una pratica dalla quale riesci a ricavare contenuti ma è molto importante capire anche quello che puoi aggiungere ad essa”. Gli artisti internazionali che assumo come punti di riferimento sono innanzitutto l’appena citato Scully, di cui amo le qualità coloristiche e la sua rigorosità espressiva. Inoltre ho una grande inclinazione per l’arte astratta al momento, principalmente per la sua forte connotazione spirituale. Altri artisti a cui sto guardando sono Carol Bove, Peter Halley, Lee Ufan e Anish Kapoor.
Mario Verre: Soffermandosi sui caratteri precipui dei lavori, il tuo minimalismo appare contrassegnato da venature “mediterranee” e discorsive. “Mediterranee” in virtù della presenza di elementi strutturali colorati e curvilinei, quindi né freddi né rigorosi. La discorsività è un’intenzione che a volte realizzi cercando di veicolare un messaggio attraverso l’immagine.
Bislacchi: Sì, sono d’accordo con il fatto che il mio lavoro ha quei caratteri forti mediterranei e ciò mi lega al discorso che facevo prima. Nonostante le influenze internazionali cerco sempre di mantenere vivi i fattori che hanno maggiore rilevanza con la nostra cultura italiana e meridionale soprattutto. Una volta un mio amico artista molto spontaneamente mi disse che io realizzo arte Italiana “all’inglese”, però non ho mai capito se la sua battuta avesse un tono positivo o negativo. L’arte inglese contemporanea è molto brutale e in una città come Londra diventa estremamente contagiosa. Ma io ho scelto di fare quello che faccio proprio per manifestare un sentimento di opposizione rispetto ai canoni tematici e stilistici anglo-sassoni. A Londra si dipinge soprattutto ciò che è di tendenza rispetto a ciò che è essenziale. Io credo che l’arte deve emergere da una situazione di instancabile necessità che va contro ogni tendenza stilistica. Cerco sempre di creare sintonia tra la narratività e il dipinto. Bacon diceva che un buon dipinto doveva disorientare perché, dal momento che cessa di essere enigmatico, l’immagine perde il suo potere e, se la storia sovrasta la pittura, si insinua la noia. Comunque sto lavorando ad un progetto espositivo in cui i lavori saranno carichi di una valenza discorsiva legata al mio territorio. Ma non voglio anticipare nulla …
Mario Verre: Perché alcune opere sono nel formato del dittico e altre del trittico? C’è un riferimento alla tradizione artistica italiana?
Bislacchi: Sì. Dittici e trittici non solo fanno riferimento alla tradizione artistica Italiana ma contribuiscono a crescere la funzione narrativa dell’opera, che hai individuato come caratteristica del mio minimal sui generis.
Mario Verre: A mio parere due artisti che assumi come punto di riferimento sono Robert Morris per il suo minimalismo declinato in chiave antiformale (si veda il ciclo dei Felts) e Barnett Newman che rivedo, rivisitato, nelle tue estese campiture di colore dalla forte carica spirituale.
Bislacchi: Si, sono due artisti che hanno profondamente influenzato la mia ricerca artistica. Morris dal punto di vista formale e concettuale . Newman invece appartiene a quella cerchia di astrattisti in assoluto tra i miei preferiti. Quando ho visto le sue Stations of the Cross alla National Gallery di Washington, mi è sembrato di aver assistito a una delle più drammatiche rappresentazioni pittoriche della storia ed è da lì che vedi come la pittura astratta può avere una forte risonanza mistica. Per questo motivo prediligo molto l’astrattismo americano che è quello che ha avuto più successo dal punto di vista storico.
Mario Verre: Secondo te come un artista può ambire ad essere contemporaneo, cioè al passo coi tempi? Pensiero o tecnica: ci deve essere una preponderanza di una sull’altra o si devono rapportare in misura equilibrata?
Bislacchi: La questione principale per essere contemporaneo oggi è innanzitutto capire cosa sta succedendo intorno a te. Di conseguenza bisogna viaggiare molto perché le cose andrebbero viste dal vero e poi su Instagram. Poi, se uno ha anche la fortuna di vivere in una città ricca di stimoli artistici, è avvantaggiato. Io ho deciso di vivere a Londra perché, essendo una delle metropoli più importanti al mondo, l’arte viene direttamente da me e quindi non serve sempre e necessariamente viaggiare (anche se lo faccio lo stesso). Mi è stato sempre insegnato che la frequentazione tra artisti è assolutamente indispensabile e devo dire che ne ho saputo trarre vantaggio. Comunque tutto il resto dipende dall’artista, può essere una questione di pensiero o anche tecnica, non ha molta importanza. Ma nel mondo dell’arte serve tantissima determinazione, costanza e autostima. Tutte le idee contano e sono importanti ma spetta all’artista decidere un percorso e un traguardo.
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